Tratta barbaresca degli schiavi

Voce principale: Storia della schiavitù.
Riscatto di prigionieri cristiani da parte di monaci cattolici negli stati barbareschi

La tratta barbaresca degli schiavi era il commercio degli schiavi europei che fiorì, tra il XVI e il XIX secolo, negli Stati barbareschi del Maghreb, i maggiori dei quali detti Reggenze barbaresche. Questi mercati prosperarono mentre gli stati erano nominalmente sottoposti al dominio ottomano, ma nella sostanza autonomi.

Uomini, donne e bambini venivano catturati dai corsari barbareschi durante razzie sulle coste mediterranee[1], oppure mentre veleggiavano in alto mare e condotti presso i principali approdi maghrebini (Algeri, Tunisi, Tripoli). Alcuni rais[2] (così erano chiamati i capitani corsari) attaccarono anche litorali più remoti di quelli mediterranei: si pensi alle sortite di Muràd verso le coste islandesi e irlandesi[3].

Robert Davis, insegnante di storia alla Ohio State University, descrive la tratta bianca degli schiavi come minimizzata dalla gran parte degli storici[4]. Davis stima che, solamente da parte di schiavisti da Tunisi, Algeri e Tripoli, 1-1,25 milioni di cristiani europei vennero schiavizzati in Maghreb dall'inizio del XVI secolo alla metà del XVIII (questo numero non comprende gli europei schiavizzati dal Marocco ed altri assalitori delle coste del Mediterraneo)[4], e circa 700 americani vennero fatti prigionieri in questa regione tra il 1785 e il 1815[5]. Le statistiche doganali del XVI-XVII secolo suggeriscono che un ulteriore apporto di schiavi importati da Istanbul dal Mar Nero potesse arrivare ad un totale di 2,5 milioni dal 1450 al 1700[6].

Salvatore Bono[7], pur in linea con quest'ultimo dato, in un suo articolo[8]  fornisce una stima differente da Davis del fenomeno in Barberia, parlando di circa 850 mila gli europei schiavi in Nordafrica per il periodo 1500-1800.

Il mercato si rinfoltì con la fine delle guerre ispano turche[9], che corrispose a un aumento dell'attività corsara maghrebina[10]. Tuttavia S. Bono suggerisce una maggior moderazione rispetto al considerare l'attività corsara maghrebina come fonte economica preminente in quelle zone[11]; al contrario, dopo la sconfitta degli Stati barbareschi nelle guerre omonime, il mercato subì una contrazione e finì per cessare poco dopo il 1830, con la conquista francese dell'Algeria.

  1. ^ Salvatore Bono, I corsari barbareschi, Torino, Edizioni Radio Italiana, 1964, pp. 137-180.
  2. ^ Rais - Dizionario di Storia 2011, su treccani.it.
  3. ^ Salvatore Bono, Guerre corsare nel Mediterraneo. Una storia di incursioni, arrembaggi, razzie, Bologna, il Mulino, 2019.
  4. ^ a b Davis, Robert. Christian Slaves, Muslim Masters: White Slavery in the Mediterranean, the Barbary Coast and Italy, 1500-1800
  5. ^ Charles Hansford Adams, The Narrative of Robert Adams: A Barbary Captive, New York, Cambridge University Press, 2005, pp. xlv-xlvi, ISBN 978-0-521-603-73-7.
  6. ^ The Cambridge World History of Slavery: Volume 3, AD 1420–AD 1804
  7. ^ Prof. Salvatore Bono - Curriculum Vitae et studiorum (PDF), su scipol.unipg.it.
  8. ^ Salvatore Bono, Casi di mobilità di schiavi nel Mediterraneo dell'età moderna, in Mediterranea - riviste storiche, XV, n. 42, aprile 2018, pp. 151-166, la stima è a pag. 152.
  9. ^ Treccani - Il Mediterraneo, Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)
  10. ^ Si veda M. Lenci, Corsari. Guerra, schiavi, rinnegati nel Mediterraneo, Roma, Carocci, 2006, pag. 46-47.
  11. ^ (S. Bono, Guerre corsare, pag. 189-191).

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